Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio Travel Innovation del Politecnico di Milano, ci conduce alla scoperta delle destinazioni “smart”.
Le destinazioni intelligenti in grado di mettere in atto strategie e pratiche data-driven all’avanguardia per ottimizzare flussi e sostenibilità.
I punti che abbiamo toccato insieme:
- Che cos’è l’Osservatorio Travel Innovation?
- Che cosa significa essere una “smart destination”?
- Che ruolo hanno i dati nel processo per diventare smart destination?
- Quante destinazioni italiane sono smart?
- Quali sono le sfide più comuni per diventarlo?
Parliamo dell’Osservatorio Travel Innovation, organizzato in partnership con Data Appeal: qual è l’obiettivo dell’Osservatorio?
L’Osservatorio, nato nel 2014, è il punto di riferimento in Italia per comprendere le opportunità generate dall’innovazione nel turismo e per supportare imprese, destinazioni e pubblica amministrazione nei loro processi di innovazione.
Attraverso metodi di ricerca quali-quantitativi l’Osservatorio si occupa di comprendere lo stato attuale e le prospettive future di innovazione nel settore dei viaggi sia dal punto di vista dell’offerta che della domanda.
Le attività, svolte su edizioni annuali, sono basate su tre pilastri principali:
la ricerca e la condivisione di dati aggiornati e analisi innovative volte a comprendere lo stato attuale e le prospettive future dell’innovazione nei viaggi
il confronto qualificato e aggiornato con i principali stakeholder del mercato
la comunicazione efficace verso l’esterno attraverso momenti divulgativi e la presenza sulla stampa con l’obiettivo di diffondere la conoscenza all’intero settore.
Quest’anno è stato dedicato un focus speciale al tema delle Smart Destination. Che cosa significa di fatto questa espressione per il Politecnico e quali elementi a vostro parere sono imprescindibili perché una destinazione diventi a tutti gli effetti una destinazione “smart”?
All’interno delle attività di ricerca, quest’anno l’Osservatorio ha inserito un focus sulle Smart Destination con l’obiettivo di analizzare la catena del valore delle destinazioni e comprendere come il digitale e l’innovazione data-driven possono supportare la gestione delle destinazioni e la sostenibilità del territorio.
Nei processi di creazione del valore delle destinazioni, infatti, i dati hanno un ruolo
fondamentale, in quanto alla base del sistema di scambio e coordinamento tra domanda e offerta operato dalla DMO.
Per questo motivo, le destinazioni turistiche stanno tendendo ad un’evoluzione del
proprio modello gestionale verso quello di «Smart Destination».
Ovvero destinazioni che si avvalgono di tecnologie ICT all’avanguardia e che adottano un approccio data-driven nei propri processi con la finalità di sviluppare un’offerta turistica efficace, coordinare i diversi stakeholder e favorire uno sviluppo sostenibile di lungo-periodo del territorio.
Che ruolo hanno i dati e l’analisi dati in questo scenario? Quali sono i dati più rilevanti da raccogliere e come possono aiutare le destinazioni a prendere decisioni strategiche?
I dati sono una risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’offerta di prodotti e servizi turistici e la loro raccolta è il primo step del processo di creazione di valore informativo.
Adottando tecnologie e sistemi smart le DMO possono raccogliere ed elaborare grandi quantità di dati in tempo reale sulla destinazione e su come i visitatori e gli operatori interagiscono con essa.
Tra i dati che le DMO sono sempre più chiamate a raccogliere vi sono quelli sulla sostenibilità – sia ambientale che sociale – del sistema turistico. In quanto attori di coordinamento, hanno la possibilità di delineare un’immagine di insieme sull’impatto del turismo sulla destinazione e di promuovere il raggiungimento di
obiettivi di sostenibilità.
Essere un’organizzazione data-driven significa quindi farsi “guidare dai dati”, ovvero essere capace di prendere decisioni e condurre azioni in risposta alla comprensione di situazioni reali e documentate.
Le sfide legate alla raccolta e all’utilizzo dei dati sono molte e da non sottovalutare.
Tuttavia, un approccio volto all’interpretazione dei fenomeni – basato sui dati – permette alle organizzazioni di amplificare e misurare il proprio impatto.
Alla base di una “cultura del dato” vi è la capacità di porsi le domande giuste, e di cercare le risposte tra dati identificati e raccolti con un preciso scopo.
Una volta raggiunti questi presupposti, i dati possono consentire alle destinazioni di fotografare e comprendere gli eventi presenti, di reagire ai trend prendendo decisioni strategiche in coordinamento con gli stakeholder e di sviluppare una visione per il futuro che includa degli obiettivi reali di sostenibilità, accessibilità e sviluppo.
Qual è secondo voi lo stato dell’arte in Italia? Ci sono già destinazioni che possiamo chiamare a pieno titolo smart destination, o il percorso è ancora lungo?
Facendo riferimento alle DMO coinvolte in occasione del workshop “Smart Destination: analisi e strategie di marketing data-driven per operatori e destinazioni turistiche”, abbiamo portato all’attenzione di una platea di decine di destinazioni casi virtuosi in Italia nell’adozione di un approccio data-driven.
Tra questi possiamo citare alcuni casi, come Trentino marketing, che ha sviluppato processi efficaci ed efficienti di raccolta, analisi e condivisione dei dati, che alimentano non solo analisi storiche ma anche indicatori previsionali utili ad indirizzare le politiche turistiche della destinazione in ottica di sostenibilità.
La DMO Toscana Promozione Turistica ha saputo instaurare partnership di valore per il reperimento di dati sui comportamenti di spesa dei visitatori e sulle loro preferenze, anche al fine di valutare come si distribuisce l’impatto economico del turismo sul territorio.
Anche in Piemonte, grazie alla guida di Visit Piemonte all’Osservatorio Turistico della Regione, sono in atto pratiche consolidate di raccolta e analisi dei dati di valore, anche derivanti dalle interazioni e comportamenti online.
Il percorso è sicuramente lungo, ma questi esempi dimostrano il valore che deriva dall’intraprenderlo.
Quali sono le sfide più comuni che le destinazioni possono incontrare sul loro percorso per diventare smart destinations e quali possono rivelarsi le soluzioni migliori per superarle?
Intraprendere un percorso per diventare una destinazione “smart” comporta la messa in campo di un vasto insieme di risorse (umane, tecnologiche, relazionali, finanziarie…) in modo sinergico.
La prima sfida è ottenere la partecipazione di tutti gli attori interessati (dalle amministrazioni pubbliche, agli operatori del territorio, fino alla comunità locale).
Coinvolgere gli stakeholder è fondamentale, perché le tecnologie smart possono avere un impatto positivo sulla destinazione solamente se vengono adottate, comprese e riconosciute per la loro utilità su larga scala.
Sarebbe poco efficace, ad esempio, montare un sensore sofisticato per il rilevamento e il monitoraggio dei flussi all’interno di un parco archeologico se quest’ultimo non avesse l’interesse di utilizzare i dati per le proprie strategie e iniziative.
Spesso, una soluzione per superare questo ostacolo sta in una comunicazione efficace e diffusa sul territorio.
Trentino Marketing, per esempio, ha attivato dei flussi costanti di contatto con i diversi target (per esempio, un canale Telegram per la diffusione di notizie e messaggi agli operatori turistici): questo gli ha permesso di diventare un punto di riferimento per il territorio, e di conseguenza di avere un accesso più efficace e rapido a risorse e competenze.